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Guardie e ladri su eBay

Questa mattina la rubrica di Radio24- Il Sole 24 ore Un abuso al giorno toglie il medico d’intorno“, condotta da Roberto Galullo, mi ha intervistato a proposito di truffe e truffatori su eBay. Ho raccontato loro un episodio del 2004, quando sono stato vittima di un delinquente statunitense, che poi ho fatto perseguire dalle autorità di quel paese. Ospite della trasmissione anche la responsabile Affari legali di eBay Italia, avv. Marilù Capparelli. Se avete voglia di ascoltare la trasmissione, cliccate qui.  Se invece vi interessa questa vicenda, ho provato a riassumerla così:

Questa è una storia vera di cronaca nera. I protagonisti sono i soliti. Guardie, ladri e vittime. Insolito è il contesto, lo scenario, come usa dire oggi. Il ladro, o meglio il truffatore, è negli Stati Uniti. Le vittime sono a Taiwan, Canada, Irlanda, Australia, Stati Uniti e in Italia, a Bari. Le guardie sono l’Fbi e la sezione “High Technology Crimes” della Polizia di Stato del Delaware (USA), coordinate dal Procuratore Generale.

E’ la storia di una truffa consumata su Internet. Una delle tante, certo. Solo che questa volta le vittime hanno fatto fronte comune e, da un capo all’altro del globo, hanno rivolto appelli e presentato denunce alla polizia e all’autorità giudiziaria del Paese in cui il crimine è stato compiuto. Ed hanno ottenuto giustizia, oltre che il completo risarcimento del danno subito. Tutto è cominciato verso le 20.00 del 20 settembre 2004, una calda serata estiva. Sono davanti al computer per fare shopping telematico. Sto cercando un aggeggio digitale che non ho trovato nei negozi della mia città. So che il prodotto che mi serve costa più o meno 800 euro. Digito il nome in un motore di ricerca e, tra le tante opzioni, trovo quella che ritiengo più vantaggiosa.

 

Il prodotto è proposto a 695 dollari (circa 571 euro) sul sito della casa d’aste più famosa del mondo, EBay. Il venditore vive nel Delaware ed ha un feedback più che rassicurante, cioè tutti quelli che hanno già comprato da lui hanno lasciato un messaggio positivo dopo aver concluso la transazione. Non sono un pivello. Faccio acquisti on line da molti anni ed ha comprato ogni tipo di merce, in svariate nazioni. Conosco bene i pericoli del commercio elettronico e so che sono necessarie verifiche preventive prima di concludere un affare. Il signor J.K, del Delaware, sembra un tipo affidabile. Gli scrivo per chiedere delucidazioni e lui risponde. Il suo indirizzo di posta elettronica sembra una ulteriore garanzia: [email protected] , dove “state” significa governo, “de” sta per Delaware e “us” per Stati Uniti. Insomma, il sig. J.K. è un dipendente del Governo del primo dei cinquanta stati americani.

 

Più precisamente del ministero delle finanze. E’ lui stesso a specificarlo in una delle e-mail. Mi  spiega che la sua attività di venditore digitale è un hobby, più che un secondo lavoro. Insomma, anche nel Delaware ci si arrangia per arrotondare lo stipendio. C’è un’altra importante garanzia che mi rassicura del tutto. Il sig. J.K. chiede di essere pagato tramite PayPal, la più importante banca internazionale per le transazioni on line, che fa parte del gruppo EBay. PayPal è un colosso. Alle sue operazioni possono accedere soltanto utenti che si iscrivono e dimostrano di avere un solido conto in banca. PayPal inoltre garantisce una copertura assicurativa se, per colpa documentata del venditore o dell’acquirente, la transazione non ha esito.

 

Mi faccio due conti in tasca e mi convinco. Anche aggiungendo il costo del corriere internazionale, il risparmio è di circa 200 euro. Sono già registrato come utente di PayPal e concludo l’acquisto. Pochi minuti dopo il sig. J.K riceve l’importo sul suo conto corrente e mi ringrazia. “Spedirò la merce entro venerdì prossimo”, assicura nella sua ultima e-mail. Impegno mantenuto, almeno così sembra. Infatti venerdì 24 settembre, alle 15.36, il sig. J.K. comunica che il prodotto è stato consegnato al corriere USPS, cioè le poste degli Stati Uniti, e fornisce anche un numero di tracking, il codice che serve per seguire le varie fasi della spedizione. E’ una e-mail collettiva e così scopro che ci sono altri sette acquirenti dello stesso prodotto.

 

Accanto ai loro indirizzi c’è un numero di tracking diverso. E’ andato tutto bene, penso. Adesso si tratta soltanto di aspettare che il corriere faccia il suo lavoro. Dopo qualche giorno vado a curiosare sul sito di USPS. Digito il codice ma la risposta è che a quel numero non corrisponde alcuna spedizione. Forse ho sbagliato, penso, e riprovo. Scatta il primo campanello di allarme. Scrivo subito una mail al servizio clienti di USPS. Chiedo delucidazioni. Mi rispondono subito: quel numero corrisponde ad una spedizione nazionale e non per un paese estero.

 

Per la prima volta penso di essere stato vittima di un truffatore. Scrivo al sig. J.K. che, il 28 settembre, risponde evasivamente. Quello non è un numero di tracking, dice, ma soltanto il codice della ricevuta di spedizione. Questa volta non abbocco e  passo al contrattacco. Innanzitutto telefono a CartaSi per chiedere di sospendere il pagamento, in attesa di una verifica. Scrivo anche una mail a eBay e PayPal . Allego tutto il carteggio con il sig. J.K. . La seconda mossa è un messaggio agli altri sette “clienti”: “avete ricevuto il prodotto acquistato”? No, rispondono tutti, anche quelli che vivono negli Stati Uniti e nel Canada, dove USPS consegna in 24-48 ore. Il sig. J.K ci ha fregato, adesso ne sono certo. Tra l’altro non risponde più alle mail. Non ci sto a farmi fregare così.  Scrivo ai compagni di sventura. “Organizziamoci e protestiamo con EBay e PayPal. Chiediamo ai gestori di carta di credito di sospendere il pagamento”.

 

Dall’Australia, a Taiwan, all’Irlanda, tutti si dicono d’accordo. D’ora in poi ogni azione di protesta sarà a nome di tutte le vittime del sig. J.K. EBay, la multinazionale EBay, è una vera e propria delusione. Comunica soltanto con messaggi automatici (…abbiamo ricevuto la sua segnalazione e le risponderemo al più presto…). PayPal e CartaSi si comportano più o meno allo stesso modo. Capisco che bisogna alzare il tiro. Il sig. J.K. è un truffatore che, per compiere il suo reato, ha usato un bene pubblico, cioè un indirizzo di posta elettronica che lo accredita come funzionario del governo del Delaware. E’ come se in Italia qualcuno adoperasse un indirizzo postale [email protected] per violare la legge. Faccio una rapida ricerca su Internet e scopro   che l’FBI ha una sezione speciale dedicata ai crimini informatici. Si chiama Internet Fraud Complaint Center ed agisce in sinergia con un altro ente pubblico, il National Withe Collar Crime Center. Si compila on line una denuncia dettagliata alla quale è possibile allegare ogni tipo di documentazione.

 

Le otto vittime del sig. J.K. presentano così la prima denuncia formale e, poche ore dopo, ottengono una altrettanto formale risposta. L’atto successivo è una segnalazione inviata al Governatore, Ruth Ann Minner, ed all’ufficio del procuratore generale dello Stato del Delaware. Sembra incredibile per un italiano, ma anche in questo caso la risposta è quasi immediata. Alle 15.14 del 12 ottobre, Jessica Davis, della segreteria particolare del Governatore, assicura che il caso, protocollato come n° 18060, sarà preso in seria considerazione. Il giorno dopo, più o meno alla stessa ora, Donald Roberts, della divisione affari criminali della Procura generale, conferma l’avvio delle indagini sul sig. J.K. L’inchiesta sarà assegnata al tenente Robert Moses, della squadra speciale “High Technology Crimes” della polizia di Stato. Intanto va avanti il contenzioso per la restituzione dei soldi. PayPal risponde all’amico taiwanese che il conto corrente del sig. J.K. è vuoto e dunque non ci sarà nessun rimborso. Tutti insieme allora decidiamo di scrivere a PayPal e ai gestori di carta di credito e di allegare il carteggio con l’FBI e con le autorità statali del Delaware. Il risultato è immediato. In poco tempo le otto vittime sono risarcite fino all’ultimo centesimo.

 

L’ultimo atto di questa vicenda è la conferma delle indagini in corso. Il 26 ottobre un altro investigatore, Susan Draper, del dipartimento per la difesa dei consumatori della procura generale di Stato, mi scrive per farmi sapere di essere stata assegnata al caso e che lavorerà insieme con il tenente Moses. “La informeremo sugli sviluppi dell’inchiesta – conclude la detective Susan Draper – non esiti a tornare a contattarci per ogni ulteriore problema”. Ancora non ci credo. Mi sembra di vivere in una fiction, ma è tutto vero, ed è successo senza che muovermi dalla scrivania. Da noi Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Procura della Repubblica non accettano denunce tramite e-mail, neanche se si usa la firma digitale o la posta certificata. Bisogna presentarsi pirsonalmente di pirsona, come dice sempre l’appuntato Catarella, il centralinista del commissario Montalbano

Pubblicato da Pino Bruno

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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