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I calligrafi d’acqua di Pechino

Pensavo, seguendo in tv gli eventi olimpici, a quei vecchi signori incontrati a fine giugno nel parco attiguo al Palazzo d’Estate di Pechino, impegnati nella scrittura con l’acqua. Dallo sfarzo artistico-tecnologico della cerimonia inaugurale alla semplicità e alla poesia dei calligrafi. Ho chiesto al collega Chen Jian, di Radio China International, di raccontarmi cosa stessero facendo. “La calligrafia (si chiama proprio così) – mi ha detto Chen – è un esercizio a metà fra ginnastica e ricreazione”. Un originale Taijiquan, particolarmente elegante e armonioso.  “Si usa un pennello speciale intinto nell’acqua – mi ha spiegato Chen –  realizzato fissando una spugna tagliata a forma di punta di pennello all’estremità di un’asta lunga circa un metro. Ecco così un pennello morbido e lungo, che si intinge in un secchiello pieno d’acqua”.

Scrivono poesie d’acqua, i calligrafi di Pechino. Poesie che evaporano lentamente. Ho pensato che io ormai scrivo quasi esclusivamente con la tastiera e che l’inchiostro digitale non evapora mai. Quello che scrivo finisce nel disco fisso, su un CD, in una pennetta USB, nel mare magno della rete. I calligrafi d’acqua di Pechino scrivono per restare in armonia con il corpo e con la mente. Le loro poesie si disperdono nell’aria. Mi hanno affascinato. E’ una delle emozioni più forti del mio recente viaggio in Cina.

Pubblicato da Pino Bruno

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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