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Se muori sul lavoro a vent’anni vali 1700 euro

Per carità, le tabelle sono tabelle, ma è possibile che in un paese in cui si muore di lavoro come se piovesse, nessuno in Parlamento chieda di aggiornare il Decreto Legge 30 giugno 1965 n° 1124? Quel provvedimento di quarantatrè anni fa fissa i criteri per i risarcimenti degli infortuni sul lavoro. Succede così che se Roberto Scavo, 20 anni, portalettere a tempo determinato di Parè (Como), cade dal motorino mentre recapita la corrispondenza e muore, alla famiglia vanno 1700 euro.

 

Tutto regolare. Tutto legale. L’Inail si è attenuto al Decreto Legge 30 giugno 1965 n° 1124, che comprende anche un dettagliato allegato sugli effetti di ogni singolo infortunio e sul punteggio di invalidità relativo. La “sordità completa di un orecchio” vale 15 punti. La perdita di un braccio dai 70 agli 85 punti e via, macabramente, discorrendo. Il problema è che la valutazione si fa ancora in lire. Il parametro di riferimento è infatti la vecchia banconota da mille. Si capisce allora perchè l’Inail abbia un avanzo di bilancio di due miliardi di euro l’anno. Un tesoretto che l’anno prossimo sfiorerà i 16 miliardi. Perchè non investire parte di questi soldi in risarcimenti più congrui e dignitosi?

 

Pubblicato da Pino Bruno

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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