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Gli attacchi a Google Books nascondono molta ipocrisia

“…l’assalto a Google Books e agli accordi che Google sta mettendo in piedi con le maggiori istituzioni culturali mondiali per la digitalizzazione delle opere librarie ha in sé qualcosa di indecoroso, specie se applicato alla realtà dei fatti italiana”. Così scrive Massimo Mantellini su Punto Informatico. Posizione più che condivisibile. Qualche giorno fa avevo fatto le stesse considerazioni.

Mantellini focalizza il problema: “…molti dei soggetti accusatori di Google non hanno grande titolo per improvvisarsi difensori preoccupati della cultura, essendo loro stessi anima e costruttori di un numero assai ampio di barriere alla diffusione della cultura stessa. A questo si aggiunge nel nostro paese una ulteriore nota di perplessità. Le biblioteche italiane sopravvivono nella più assoluta decadenza: non ci sono i soldi per digitalizzare nemmeno le opere più preziose, per la verità non ci sono nemmeno i soldi per pagare la cancelleria ed i libri, gran parte dei libri, sono tenuti distanti dalla consultazione di studiosi ed esperti da questioni banalmente economiche ma cruciali come la carenza di personale.

Ai cittadini che chiedono di consultare testi non recenti vengono proposti (a pagamento) substrati vetusti come il microfilm o corpose partecipazioni economiche alla digitalizzazione…. Se altrove l’alternativa è la discesa in campo di altri soggetti anche istituzionali che potrebbero fare lo stesso lavoro di Google Books a condizioni migliori (anche se spesso con un respiro meno internazionale) in Italia semplicemente questa eventualità non esiste“.

L’Unione Europea, si sa, aveva cercato l’alternativa con Europeana, ma il progetto si è arenato perché la risposta dei singoli paesi è stata dir poco tiepida. Proprio ieri la Commissaria europea per le comunicazioni, Viviane Reding, ha detto che “finora solo l’1% dei libri delle nostre biblioteche é stato digitalizzato”. D’altro canto, gli editori europei vanno per i fatti loro con il progetto Arrow.

Sembra che l’unico problema sia quello di fare la guerra a Google Books, mentre ci si dovrebbe rendere conto che Google Books ha semplicemente cercato di colmare il vuoto esistente. Nessuno crede ai mecenati, e Google avrà certamente il suo tornaconto.

La domanda, pragmatica, è: meglio tenere i libri a far polvere nelle biblioteche nazionali, senza (di fatto) poter consultarli oppure lasciare che Google li digitalizzi e li renda fruibili a tutti? Ovviamente chiedendo a Google di lavorare meglio, evitando i clamorosi refusi già evidenziati da Antonio Tombolini.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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