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La guerra alle news gratuite ricomincia da Tre

Che le decisione sia stata del Corriere della Sera o di 3 Italia, poco importa. Si tratta comunque di una scelta fatta senza preavviso, sia da parte dell’editore che del gestore telefonico, e dunque censurabile. Dall’inizio del week end, gli utenti di 3 Italia che vogliono sfogliare il Corriere della Sera con smartphone e iPhone, devono pagare nove centesimi a pagina.

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A chi vanno i soldi? Saranno spartiti equamente tra RCS e 3 Italia? E’ più probabile che sia l’editore a intascare di più. E’ la categoria, infatti a condurre la battaglia per le news a pagamento. Più volte la Fieg e i suoi più autorevoli esponenti hanno lasciato intendere che la pacchia (anzi i pasti gratis) sarebbe finita. La colpa è di Google News, dicono gli editori, che si ingozza a nostre spese.

Piuttosto che proclamare apertamente la fine della ricreazione, evidentemente gli editori hanno deciso di fare i fatti in silenzio, per non far imbestialire troppo e tutti insieme gli utenti. Low profile, insomma.

Una scelta suicida. Più che dal pescecane Murdoch, gli editori nostrani dovrebbe prendere esempio dal direttore del britannico Guardian, Alan Rusbridger. “Far pagare i contenuti online potrebbe essere una buona scelta ‘in termini economici’ha detto Rusbridger qualche giorno fa –  ma ‘sul piano editoriale’ significherebbe ridurre i propri accessi e la propria influenza”.

Un altro esempio? Il quotidiano statunitense Newsday ha introdotto il sistema di news a pagamento (PayWall) ad ottobre. Fino al 27 gennaio ha attivato 35 nuovi abbonamenti. Ha commentato The New York Observer: “è più o meno il numero medio di alunni di una classe delle scuole elementari”.

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Ci saranno almeno 35 utenti di 3 Italia disposti a pagare nove centesimi a pagina per sfogliare il Corriere della Sera? Non vogliono proprio comprendere, gli editori, che l’emorragia di lettori delle edizioni di carta continuerà fino a quando non ci sarà una svolta di (vera) qualità? E che per avere qualità si devo pagare i giornalisti? Non certo dai 5 ai 15 euro lordi a pezzo, la paga normale dei precari che ingrossano sempre più le redazioni, mentre si mandano a rottamare i vecchi cronisti.

Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI), “su 30mila giornalisti in Italia solo 12mila hanno un contratto a tempo indeterminato. Sarebbero 9mila le testate giornalistiche non iscritte al Tribunale, 20mila i giovani che lavorano senza un contratto e 5mila i precari pagati 5 euro a pezzo in media”.

E poi ci si meraviglia che i giornali (salvo eccezioni) perdano colpi a vantaggio dell’informazione alternativa sul web?

Ben vengano i PayWall, ma per leggere inchieste approfondite, non minestre riscaldate da precari ricattati e incalzati da direttori e capi redattori. Roba da far impallidire Lulù della Classe operaia va in Paradiso.

Altrimenti – parafrasando uno slogan del maggio 68 – non sarà una risata a seppellire l’editoria tradizionale, ma uno, dieci, cento Huffington Post.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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