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Io clicco tu resetti egli zippa: “L’italiano ieri e oggi” di Antonio Rossano

Fai un benchmarking con i nostri competitor e organizza una conference call con le human resources. “Secondo stime di esperti – scrive Antonio Rossano nel suo nuovo libro “L’italiano ieri e oggi” (Levante editori), l’uso di termini inglesi nel linguaggio commerciale, negli ultimi anni è aumentato del 770 per cento. Tanto che è stato coniato un nuovo, orribile termine: l’itanglese”.

L'italiano ieri e oggi, di Antonio Rossano

Ex inviato speciale del Giornale Radio Rai, oggi direttore del Master di giornalismo dell’Università di Bari e dell’Ordine dei giornalisti della Puglia, Antonio Rossano gioca (con ironica serietà) con le parole. L’itanglese, ad esempio, non è invenzione del mondo digitale. Lo sviluppo delle diavolerie informatiche ha semmai accentuato e amplificato l’italica predisposizione all’agnizione di parole altrui, il che – a patto di non esagerare – non è male di per sè . Anzi.

D’altronde, i tentativi fatti per arginare l’eccesso di contaminazioni hanno avuto esiti clamorosamente grotteschi, come ricorda l’autore nella scheda dedicata alle “Voci dell’autarchia”. Ricorda Rossano che “Il ‘neo purismo di Stato’ viene sancito l’11 febbraio del 1923, con decreto legge n.352. L’impegno è quello di ‘combattere l’uso di vocaboli stranieri in luogo e in vece dei corrispondenti vocaboli italiani’ “. Così “un albergo romano smette di chiamarsi Eden. La ditta genovese Adams si tramuta in Adamus… il negozio milanese Sportman annuncia di essere diventato l’italianissimo Sportivo…il paletot diventa cappotto, i sigari Londres cambiano residenza e si nomano Firenze” e via ridendo.

Neanche troppo, perché i francesi ancora ci provano, con lo sciovinismo linguistico. Lì una legge analoga al decreto 352 citato da Rossano è ancora in vigore. E’ il décret N°96602 du 3 juillet 1996, e c’è una severa Commission générale de terminologie et de néologie che ha il compito di tradurre le parole straniere. Con risultati che lasciano senza fiato. Il plug-and-play è prêt à l’emploi, il word processor è logiciel de traitement de texte, il networking è réseautique, il podcasting è diffusion pour baladeur, eccetera.

Antonio Rossano domanda (e si domanda) “quale italiano stiamo parlando”, e così organizza il suo libro. C’è prima un “Glossario atipico” –  dalla A di Abbajo (è il puro atto dell’abbajare, proprio del cane. Molto usato in trasmissioni televisive di punta. Vedasi la voce dibattito) alla Z di zuppa (minestra brodosa preparata con legumi e ortaggi. Talvolta si riferisce anche a discorsi o scritti noiosi, quando non ripetitivi…) –  e poi in coda alcune  “Prove di scrittura”.

Scrive l’autore: “questo non è, non può e non vuole essere un testo di linguistica. Non un trattato su come studiare o insegnare la lingua italiana”. Cos’è allora? Un invito a riflettere, quando ascoltiamo, scriviamo e leggiamo.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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