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Aruba va a ruba

AGGIORNAMENTO. Oggi l’hashtag Aruba va a ruba, su Twitter Italia. E’ la parola più usata. Primo posto nelle Tendenze del social network. Non si riesce a star dietro alle migliaia e migliaia di tweet colmi di ironia, sarcasmo e improperi nei confronti della server farm italiana che ospita un milione e seicentocinquantamila siti e cinque milioni di caselle postali. Il motivo? Dalle undici del mattino, gran parte dei siti e degli account postali sono irraggiungibili e inservibili. Può succedere, succede, è già successo (un paio di mesi fa).  Aruba, però, oggi ha battuto un altro record negativo: l’assenza totale di comunicazione e informazione agli utenti. Dalle undici del mattino fino alle dieci di sera, quando l’azienda ha finalmente pubblicato sul sito il comunicato ufficiale, milioni di clienti e utenti sono stati lasciati in balia di se stessi. Sono saltate le comunicazioni, le transazioni commerciali, l’informazione dei siti giornalistici e dei blog.

Aruba la parola più gettonata su Twitter

 

Inaccettabile. Un clamoroso autogol, per un gruppo imprenditoriale che ostenta il suo essere “Numero uno in Italia, Repubblica Ceca e Slovacchia per numero di siti in Hosting e per numero di domini registrati”, per un’impresa che vanta la presenza “nella Top 10 mondiale per numero di siti attivi in Hosting”.

Ebbene, Aruba – sia oggi che a fine aprile – ha fatto peggio della botteguccia sotto casa, che quando chiude per un imprevisto affigge il cartello “Torno subito”.

Un grande gruppo imprenditoriale dovrebbe sapere cos’è la “Comunicazione di crisi”. E’ una cosa che si studia da molti anni in tutte le Università del mondo.

Rispolveriamo la memoria ai dirigenti di Aruba. “Una crisi – scrive l’esperta Anna Maria Carbone – è un evento improvviso, che produce un cambiamento, che ha un impatto emotivo forte, che crea instabilità sconvolgendo equilibri preesistenti, che può produrre diversi tipi di effetti a seconda di come viene gestito”.

E aggiunge: “A ben guardare molte delle crisi che coinvolgono industrie e imprese sono tutt’altro che imprevedibili. Anzi, spesso sono direttamente connesse con le attività che svolgono e consistono in difetti di processo o di prodotto, in guasti o inefficienze che non si producono in una notte.

Il che significa che qualsiasi attività porta con sé una certa percentuale di rischio. Analizzare quali e quanti rischi si corrono ogni giorno, valutarne il grado di probabilità e le possibili conseguenze permette di predisporre le contromisure necessarie prima che l’evento improvviso accada o meglio ancora per evitare che accada”.

La lezione di fine aprile non è servita a nulla. Aruba deve risarcire i danni causati ai suoi clienti e poi spedire tutti a scuola di comunicazione, per imparare a gestire la prossima crisi. Non è mai troppo tardi, come diceva il grande e compianto maestro Alberto Manzi.

 

AGGIORNAMENTO.

Il Codacons annuncia un esposto a 104 procure della Repubblica di tutta Italia dopo il nuovo black out dei server Aruba, che ieri ha creato l’interruzione del servizio e pesanti disagi per i clienti del provider. Il presidente dell’associazione, Carlo Rienzi inoltre, ritenendo che Aruba ”deve risarcire tutti i suoi clienti e i soggetti danneggiati”, dichiara che ”in caso contrario siamo pronti a intentare una class action contro il provider, cui potranno aderire cittadini e aziende”.

Nell’esposto, si spiega in una nota, Codacons chiede di aprire una indagine nei confronti dell’azienda, accertando i fatti e le relative responsabilità. L’associazione afferma che che sono ”innumerevoli” le segnalazioni pervenute per denunciare ”il gravissimo disagio per i migliaia di siti web inaccessibili” e parla di ”danno economico notevole” causa blocco: ”Molti siti di e-commerce e servizi al pubblico sono rimasti a lungo inattivi, causando danni per milioni di euro. A questo gravissimo ennesimo disagio si e’ accompagnata l’assoluta mancanza di notizie e di informazioni di riscontro da parte di Aruba che solo verso le 22 ha diramato un comunicato stampa”.

Per Codacons, ”si rende necessario un immediato intervento delle autorità adite per fare immediatamente chiarezza sulla vicenda, poiché’ accertati i fatti e le eventuali responsabilità si potrebbero configurare, diverse fattispecie penalmente rilevanti quali quella di interruzione e/o impedimento di comunicazioni”.

”Questa volta i consumatori non si accontenteranno di servizi gratuiti offerti dall’azienda a titolo di indennizzo” conclude Rienzi preannunciando una possibile class action.

 

 

 

 

 

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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