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Con Serval potremo telefonare senza SIM

Tenete d’occhio questa pagina web, perché ove mai il Serval Project andasse in porto, i gestori delle telecomunicazioni mobili non riuscissero a sabotarlo e leggi e regolamenti non si mettessero di traverso, entro la fine dell’anno ci potrebbe essere una piccola rivoluzione telefonica. Si potrà parlare senza SIM, assicura Paul Gardner-Stephen, ricercatore australiano della Flinders University di Adelaide. Con l’aiuto degli studenti dell’Istituto Nazionale di Scienze Applicate di Lione (INSA), Paul ha messo a punto un sistema di reti temporanee a maglia – Wireless Mesh Network –  per consentire la comunicazione tra uno smartphone e l’altro.  

 

Serval crea una rete Mesh tra due dispositivi mobili vicini (in un raggio di qualche centinaio di metri). Se invece l’interlocutore è più lontano, il segnale viene ritrasmesso di Mesh in Mesh. Ogni dispositivo si trasforma automaticamente in router temporaneo, senza che l’utente debba intervenire in qualche modo. Le reti si formano e si smontano, senza bisogno di ripetitori fissi.

L'architettura di Serval

 

Dice Paul Gardner-Stephen che, in realtà, si tratta di un ritorno alle origini della telefonia mobile:

Nel 1980, gli ingegneri che lavorano sui primi prototipi avevano immaginato reti Mesh, semplici ed economiche, ma le compagnie telefoniche hanno impedito loro di lavorare in questa direzione perché volevano conservare il modello di piramide controllata dall’alto. Modello ereditato dal telefono con il cavo, tecnicamente obsoleto, ma molto redditizio. Anche oggi, dal punto di vista tecnico, il cellulare potrebbe essere usato come un walkie-talkie aperto, pluridirezionale. Non è possibile perché i gestori telefonici bloccano questa funzione per indirizzare il segnale verso i trasmettitori fissi. Solo in questo modo possono controllare e fatturare le conversazioni”.

C’è già una versione Serval per smartphone basati su Android. Si scarica qui ma è da maneggiare con cura, solo da smanettoni. La pagina è piena di avvertimenti, un bugiardino di controindicazioni, per evitare effetti collaterali. Il progetto è open source e dunque gli sviluppatori di tutto il mondo potrebbero dare una grossa mano per migliorare/incrementare il software.

Paul Gardner-Stephen, inventore di Serval

In questa prima release, Serval utilizza i trasmettitori Wi-Fi dei telefoni e gli hotspot wi-fi trovati in giro. La versione successiva si baserà sulle frequenze GSM, il che – almeno in Europa – potrebbe confliggere con le legislazioni nazionali.  E’ dunque un work in progress, affascinante e potenzialmente eversivo. Altro discorso fa fatto per i paesi in via di sviluppo, nelle aree marginali trascurate dai gestori telefonici perché poco redditizie, e nelle zone colpite da catastrofi naturali, dove si verifichino black out delle reti di telecomunicazione.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=FIk4g6ALu5I[/youtube]

 

Il messaggio di Paul Gardner-Stephen è chiaro:

Why are we doing this, and giving it all away?  Because we believe that access to communications and information is a human right.  We dream of a world where anyone can be connected, anywhere, anytime.

cioè

Perché stiamo facendo questo e lo offriamo a tutti? Perché crediamo che l’accesso alle comunicazioni e delle informazioni sia un diritto umano. Sogniamo un mondo in cui chiunque sia collegato, sempre e ovunque”.

 

Per approfondire, ecco un saggio di Paul Gardner-Stephen.

 

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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