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WhatsApp cosa sai di me?

Gentile WhatsApp Inc., cosa sai degli utenti che usano la tua applicazione? Come e quando adoperi le informazioni sensibili in tuo possesso? Come e dove conservi i dati? Sono le domande poste dal Garante italiano per la protezione dei dati personali all’azienda che produce e commercializza una delle app di messaggistica più popolari per dispositivi mobili. L’Autorità ha deciso di intervenire dopo aver letto il rapporto dei Garanti per la privacy canadesi e olandesi, dal quale sono emerse ”alcune caratteristiche nel funzionamento dell’applicazione sviluppata dalla società che potrebbero comportare implicazioni e rischi specifici per la protezione dei dati personali degli utenti.

WhatsApp

Questi ultimi, infatti, per poter usufruire del servizio di messaggistica, devono consentire che l’applicazione acceda alla rubrica dei contatti presente sul proprio smartphone o sul proprio tablet e cioè a dati personali di soggetti terzi, anche però di coloro che non hanno scaricato l’applicazione e non utilizzano quindi il servizio”.

Nel rapporto sono state inoltre ipotizzate ”possibili criticità nelle misure di sicurezza adottate, in particolare riguardo alla conservazione dei dati trattati e al loro accesso da parte di terzi non autorizzati”.

Il Garante ha dunque scritto a WhatsApp Inc. chiedendo di chiarire una serie di aspetti:

  • quali tipi di dati personali degli utenti vengono raccolti e usati al momento dell’iscrizione e nel corso dell’erogazione dei servizi di messaggistica e condivisione file;
  • come vengono conservati e protetti questi dati; le misure adottate (es. cifratura, generazione di credenziali etc.) per limitare il rischio di accesso da parte di soggetti diversi dagli interessati e, in particolare, se siano stati previsti sistemi contro gli attacchi tipo ‘‘man in the middle”, volti ad acquisire illecitamente il contenuto dei messaggi scambiati mediante l’applicazione.

Il Garante ha inoltre chiesto di sapere per quanto tempo vengono conservati i dati degli utenti e il numero degli account riferibili a quelli italiani. ”Anche questo ultimo intervento dell’Autorità, al pari di altre iniziative adottate di recente, mira a garantire –si legge in una nota- i diritti dei cittadini pur nell’ampio e complesso contesto di servizi ormai globalizzati”.

Va suggerito al Garante di spedire lettera analoga ai produttori di applicazioni simili (Viber, ad esempio) che, per funzionare, chiedono libero accesso alla rubrica personale di contatti.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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