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Bradley Manning la condanna e il Collateral Murder

Prima di commentare la condanna del soldato Bradley Manning[1], la “gola profonda” di Wikileaks, ognuno di noi dovrebbe vedere o rivedere il video Collateral Murder, uno dei tantissimi documenti riservati consegnati all’organizzazione di Assange. Il filmato (quattordici milioni di visualizzazioni solo su YouTube) documenta l’assassinio del giornalista della Reuters Namir Noor-Eldeen e del suo autista Saeed Chmagh. A Baghdad è il 12 luglio del 2007. A sparare è l’equipaggio di un elicottero Apache, i cui mitraglieri si accaniscono anche con adulti e bambini che tentano di soccorrere i feriti. Si trattava di ribelli e, comunque, si è trattato di un incidente collaterale, hanno sempre sostenuto gli americani.

Ecco, si deve guardare quel video e poi porsi la domanda: se un soldato viene a conoscenza di un crimine di guerra commesso dai suoi commilitoni deve denunciarlo oppure no? È questo il punto. Se un militare tedesco avesse trafugato prove sui campi di sterminio nazisti e le avesse passate ai giornali stranieri, come lo avremmo giudicato? Traditore o eroe? E come valutare il comportamento dei caschi blu olandesi che nel luglio 1995 non intervennero per impedire il massacro della popolazione inerme di Srebrenica, in Bosnia-Erzegovina? Non fecero nulla e neanche lo denunciarono, eppure le diecimila vittime erano sotto la loro protezione. Addirittura il Ministro della Difesa olandese, il 4 dicembre 2006, ha decorato con cinquecento medaglie il battaglione di pace che aveva il compito di proteggere Srebrenica. Eroi o conniventi?

Bradley Manning non è il primo e, per fortuna, non sarà l’ultimo whistleblower che decide di mettere in gioco la sua vita per una crisi di coscienza. Ieri un suo famoso predecessore, l’ottantaduenne militare statunitense Daniel Ellsberg, inizialmente sostenitore della guerra in Vietnam e poi diventato oppositore per i danni arrecati alla popolazione civile di cui si sentiva corresponsabile con il suo silenzio, ha rotto il silenzio e ha parlato della condanna di Manning.

“La verità è che non meritava neanche un giorno in prigione per aver informato il pubblico come ha fatto”, ha dichiarato Ellsberg allo Scott Horton Show. “Di certo non merita di essere trattenuto in prigione neanche un giorno in più, dopo il trattamento abusivo a cui è stato sottoposto: tre anni in attesa di giudizio, dodici mesi in isolamento… Manning ha fatto la cosa giusta, così come io ho fatto la cosa giusta ai miei tempi“.

E voi, nei panni di Bradley Manning, cosa avreste fatto dopo aver visto “Collateral Murder”?

Namir Noor-Eldeen il giornalista della Reuters ucciso a Baghdad nel 2007 dall'equipaggio di un Apache americano

Namir Noor-Eldeen il giornalista della Reuters ucciso a Baghdad nel 2007 dall’equipaggio di un Apache americano

 


[1] La Corte marziale americana ha scagionato Bradley Manning dall’accusa più grave, quella di connivenza con il nemico, per aver rivelato documenti diplomatici e militari segreti americani a Wikileaks. Il 25enne militare, accusato di essere stato l’informatore di Julian Assange, il fondatore del sito Wikileaks, pur non avendo fornito dati utili ai terroristi, è però stato giudicato colpevole per 19 su 21 capi d’accusa per cui era stato incriminato, tra cui cinque per violazione della legge sullo spionaggio del 1917. Se fosse stato condannato anche per connivenza con il nemico, Manning avrebbe rischiato l’ergastolo. In ogni caso il cumulo delle condanne potrebbe portarlo di fatto a dover trascorrere il resto della sua vita in prigione. Nei prossimi giorni sarà resa nota l’entità della pena. Per i reati di cui è stato riconosciuto colpevole, rischia fino a 128 anni di carcere (da La Repubblica).

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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