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Twitter fa bene al buon giornalismo

Twitter come fonte giornalistica primaria? La risposta è sì se si parla di grandi fatti di cronaca, eventi disastrosi, appuntamenti sportivi di particolare rilevanza, a patto che non sia l’unica, che la notizia venga confrontata con altre fonti e che il giornalista non faccia retweet o copia&incolla prima di averla incrociata e verificata. In fondo non è cambiato nulla. La ricerca del team di Social Media delle Università di Glasgow ed Edimburgo, coordinato da Miles Osborne, non fa che confermare l’ABC del buon giornalismo. Stiano dunque tranquilli i giornalisti delle agenzie di stampa. Non sarà Twitter (o Facebook) a mettere in discussione il loro ruolo, sempre che i cronisti riescano a stare al passo coi tempi. La novità della ricerca sta nell’uso di un algoritmo che ha messo a confronto gli orari dei tweet e quelli delle news delle grandi agenzie di informazione. 

Il team di Osborne ha analizzato cinquantuno milioni di tweet diffusi dal 30 giugno al 15 settembre del 2011. Il risultato del confronto è che i Mainstream Media si concentrano sugli eventi destinati ad avere grande risonanza, mentre Twitter propone un ventaglio di storie che per lo più di fermano nel social network e non vanno a finire sui giornali e nei notiziari radiotelevisivi. I ricercatori hanno poi constatato che, anche in termini di tempestività, i media tradizionali hanno ancora una marcia in più, almeno sui grandi fatti di cronaca.

La foto nel tweet di David Eun

Sfatato il mito dei social network che arrivano sempre prima dei giornalisti di professione? L’incidente aereo di San Francisco sembrerebbe confermare la tesi dei ricercatori di Glasgow ed Edimburgo. Il tweet del passeggero David Eun, scampato al disastro, ha anticipato tutti. Era già successo nel 2009, quando il turista Janis Krums postò sui social network le foto dell’Airbus ammarato nella baia dell’Hudson a New York. Ci sono stati tantissimi altri casi, dalle rivoluzioni nordafricane fino agli eventi di Istanbul per Gezi Park e di nuovo in Nord Africa, in questi giorni, per i moti del Cairo. Eccezioni che avvalorerebbero le argomentazioni del team di Miles Osborne.

La foto di Janis Krums

Tra i grandi eventi presi in considerazione dai ricercatori ci sono i disordini dell’estate 2011 a Londra, dopo l’uccisione di uno spacciatore di droga. I grandi organi di informazione hanno “coperto” l’evento anche grazie al flusso massiccio di tweet in diretta dalle aree degli scontri. In quella occasione il primo ministro David Cameron minacciò addirittura il blocco dei social network che, secondo le autorità inglesi, avrebbero avuto un ruolo fondamentale nel coordinare le azioni di violenza. Due anni dopo il governo turco ha minacciato di fare la stessa cosa per spezzare la mobilitazione in difesa di Gezi Park.

Tornando alla ricerca, i risultati accreditano a Twitter un ruolo prezioso per la molteplicità delle testimonianze in occasione di grandi eventi e poi perché accende i suoi spot anche su fatti trascurati dai media tradizionali. Per il giornalismo professionale è una grande opportunità.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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