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Italiani in rete: molto shopping poco eGovernment

È tutta colpa del divario digitale, delle infrastrutture che non ci sono, della banda che è troppo stretta? In alcune aree del paese il digital divide è drammatico e ci sono sindaci che devono fare i segnali di fumo per invocare attenzione e connettività, ma il problema non è soltanto questo. Vanno sfatati alcuni luoghi comuni. Quando si offrono servizi e opportunità, gli italiani sanno usare internet al meglio. Ad esempio, come fa sapere l’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm del Politecnico di Milano, sono 14 milioni gli italiani che comprano online. Con incrementi di fatturato che non si vedevano dal boom della new-economy. Infatti nel 2013 gli acquisti via web in Italia sono cresciuti del 18 per cento, generando un fatturato complessivo dell’eCommerce di 11,3 miliardi di euro. Quando i servizi invece non ci sono – è il caso della Pubblica Amministrazione – ecco che l’Italia precipita nelle classifiche internazionali. Dice l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nel report pubblicato oggi che solo il 19 per cento dei cittadini italiani usa la rete per interagire con enti locali e governo centrale. La media OCSE è invece del 50 per cento.

Uno schiaffo ai luoghi comuni

Uno schiaffo ai luoghi comuni

Il rapporto propone altre cifre poco esaltanti: solo il Cile, con il 7 per cento, ha un risultato peggiore dell’Italia, mentre tutti i grandi paesi europei sono al di sopra del 40 per cento. Il Regno Unito è al 43%, la Spagna al 45%, la Germania al 51% e la Francia al 61%.

Dunque, stando ai dati forniti dall’OCSE, soltanto 19 cittadini italiani su 100 frequentano i siti web della Pubblica Amministrazione centrale o periferica. Perché c’è il divario digitale? Evidentemente non è questa la risposta, se è vero che gli stessi italiani usano il web per fare acquisti e riescono a farlo anche bene, come attesta l’Osservatorio eCommerce del Politecnico di Milano.

D’altronde quando la Pubblica Amministrazione ha usato la rete con professionalità per coinvolgere i cittadini, la risposta c’è stata. Come in occasione del Censimento 2011, un vero e proprio test positivo di cittadinanza digitale. Oppure – più di recente – la “Consultazione pubblica per le riforme” che si è svolta online negli scorsi mesi, da luglio ad ottobre. Ebbene, più di 200mila cittadini (un terzo donne e due terzi uomini) hanno compilato i questionari poi validati dall’ISTAT. Insomma, potremmo dire che quando la Patria digitale chiama con criterio, strumenti adeguati e chiarezza il cittadino risponde.

E allora come la mettiamo con i dati OCSE sulla disaffezione italiana verso l’eGovernment? Se – banalmente – la causa fosse l’insufficienza e/o la scarsa usabilità dei servizi offerti online dalle amministrazioni pubbliche? È sufficiente fare un giro sui siti di Ministeri, Regioni, Comuni, Aziende Sanitarie, eccetera. Il quadro è complessivamente desolante, rare eccezioni a parte. Se i servizi pubblici online ci fossero, gli italiani non farebbero fatica a usarli. Significa che siamo pronti per una Pubblica Amministrazione più efficiente e trasparente e che non meritiamo quella che abbiamo.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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