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Dolce Stil Web: la Gazzetta del Mezzogiorno

Internet e la rivoluzione del nuovo linguaggio è il titolo della recensione pubblicata oggi sul sito internet del quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno, a cura di Franco Giuliano.

Ecco cosa scrive Giuliano: “Un libro pieno di tutte le storie piccole e grandi che stanno dietro alla parole della rete”. Il nuovo lavoro editoriale di Pino Bruno inviato della Rai, uno dei massimi esperti del web in Italia, già autore di altri libri di informatica, è una sorta di vocabolario per chi vuole capire meglio la terminologia di Internet e soprattutto cosa è cambiato in questi ultimi 15 anni nel mondo della comunicazione. Non è però un semplice manuale o un semplice dizionario – scrive nella sua prefazione al volume lo scrittore Gianrico Carofiglio al quale è stata affidata la prefazione del volume – ancorchè appetibile e divertente. Il libro di Pino Bruno ha una dimensione narrativa e piena di storie legate ad ogni singolo termine. La presentazione ufficiale del libro (edizione Sperling& Kupfer) avverrà tra due giorni.

Ecco cosa dice Pino Bruno sul questa sua ultima creatura letteraria.

Un ex inviato di guerra che oggi è diventato uno dei più autorevoli giornalisti nel raccontare il mondo di Internet. Cosa hanno questi due mondi (il racconto della Storia sul campo) con il linguaggio freddo del computer e di Internet?
Bè, un giornalista racconta e cerca di interpretare ciò che vede e ascolta, ovunque si trovi. La professione ci porta lì dove ci sono cose che fanno notizia e che, forse, un giorno diventeranno Storia. D’altronde la Storia è fatta di tante piccole storie, persone, scoperte. Quando raccontavo le guerre, internet non c’era ancora. O, meglio, non era un fenomeno di massa. D’altronde nel 1990 stavamo cercando di familiarizzare con i primi telefoni cellulari, quando ci fu l’invasione del Kuwait e, l’anno dopo, la prima guerra del Golfo Persico. Ci misuravamo con problemi enormi, per chiamare le redazioni e far arrivare i servizi televisivi in Italia. Altro che mail e Youtube! Sembra una vita fa, eppure è soltanto ieri. Ecco, in pochi anni l’innovazione tecnologica – e qui vengo al punto – ha trasformato radicalmente la nostra maniera di vivere. Ha cambiato profondamente anche il lavoro dei giornalisti. Non solo perchè adesso usiamo tutti tastiera, mouse e computer. Si è trasformato l’approccio alle fonti, è mutato il linguaggio. Il politologo americano Charles Kupchan dice che internet ha accelerato i tempi della storia. Oggi viviamo una turbostoria, perché il ciclo delle notizie non corre più sul mese o sul giorno, bensì sull’istante. Insomma, un’altra bella sfida da raccontare, non trovi?

Cosa vedi dopo Internet?
Bella domanda! Credo che nessuno, neanche i guru degli scenari digitali, possa immaginare cosa sarà la rete tra soli dieci anni. Facevo prima l’esempio della telefonia mobile. Avresti mai immaginato, alla fine degli anni ottanta, che oggi avremmo avuto il mondo a portata di mano (orecchio, mouse, tastiera, eccetera)? Qualche certezza, comunque, c’è. Internet sarà sempre più potente e veloce, in grado di veicolare immagini e filmati ad alta qualità. Gli oggetti – qualsiasi cosa, dalla confezione di carote acquistate al mercato agli abiti che indosseremo – avrà etichette a radiofrequenza (RFID) che ci informeranno su data e luogo di produzione, contenuto organolettico, eventuale presenza di sostanze nocive. Quanto ai vestiti, sarà il microchip a dirci che è il momento di portarli in lavanderia. Avvicineremo il cellulare/palmare/smartphone al prodotto e sapremo ogni cosa. Potremo anche pagarlo con un clic, grazie al portafogli virtuale. Insomma, saremo sempre più interconnessi. I social network evolveranno dal chiacchiericcio odierno di Facebook a qualcosa di più sociale, utile. Anche la sanità sarà in rete. La nostra tessera sanitaria conterrà un microchip con tutti i nostri dati sensibili (gruppo sanguigno, allergie, interventi subiti, malattie particolari, le ultime analisi, radiografie, eccetera). Il medico di base o l’operatore dell’ambulanza (facciamo scongiuri analogici)infileranno la card nel lettore e… potranno salvarci la vita. Sto banalizzando per esigenze di sintesi, perchè potrei farti mille altri esempi. Concludo parafrasando Blade Runner: “vedremo cose che noi umani non possiamo neanche immaginare”.

Cosa consigli ai giovani studenti, la ricerca sui testi autorevoli o quella su Internet?
L’una e l’altra. Così come la radio non ha cancellato la carta stampata e la tivù non ha ucciso la radio, internet non annullerà quello che esisteva (ed esiste ancora). La tecnologia è un insieme di mezzi, non un fine. Gli studenti intelligenti, che hanno lavorato sui testi autorevoli, non potranno che trarre vantaggio dalla ricerca su altre fonti. E’ fondamentale la capacità di discernere, sapere distinguere. In rete non c’è oro colato. Ci sono pietre preziose e letame.

Quali sono i limiti di questo strumento?
I limiti di tutte le innovazioni tecnologiche. Se guidiamo l’auto a 200 all’ora, dopo aver bevuto molto, facciamo cattivo uso di una tecnologia consolidata e “vecchia”. Potremmo dire la stessa cosa di un aspirapolvere (usato come oggetto contundente) o di una lavatrice (se la facciamo andare dopo averci infilato dentro il gatto). Internet è come il mondo reale. Noi diciamo ai bambini di non accettare caramelle dagli sconosciuti. Dobbiamo fare la stessa cosa quando i piccoli sono davanti al computer. Non vanno lasciati soli. Ci sono software per proteggerli e impedire che vadano a finire nel dirty web, la rete sporca. E’ solo un problema di educazione. Su internet ci sono i criminali e le brave persone. C’è la buona e la cattiva economia. E’ la stessa realtà che troviamo quando usciamo di casa. Per questo è importante sapere con che cosa abbiamo a che fare. Documentarci, studiare un po’. Non facciamo la stessa cosa quando compriamo un nuovo elettrodomestico? Prima di usarlo leggiamo il manuale!

Perchè il titolo «Dolce Stil Web»?
Nel tredicesimo secolo il Dolce Stil Novo riuscì nel tentativo di svincolare la lingua dal volgare e far decollare lo stile della scrittura, anche con l’invenzione di metafore e simbolismi. Oggi forse accade il contrario. Ecco la provocazione del titolo del mio libro. Una quindicina di anni fa il linguaggio digitale era riservato a pochi iniziati. Adesso è entrato a far parte dei vocabolari e della vita comune. Nella prefazione Carofiglio dice: le cose non esistono se non abbiamo le parole per nominarle. Le cose non esistono se non possiamo comunicarle. Ma le sigle TVB, o altre ancora utilizzate dal popolo di Internet non sono un limite al linguaggio? E’ il limite di tutti i gerghi. C’è il politichese, l’avvocatese, il medichese. Non dobbiamo impararli (noi giornalisti però abbiamo il dovere di fare la traduzione)per forza, ma dobbiamo sforzarci comunque di comprenderli in linea di massima. D’altronde, basta sfogliare l’ultimo Zingarelli. Se il vocabolario è lo specchio dei tempi, una fotografia della realtà, allora si salvi chi può. «Imputtanire, tronisti, cacchiate, pisciasotto». Siamo davvero diventati così? Forse sì. D’altronde basta sbirciare nella macchina accanto, quando siamo fermi al semaforo, o ascoltare le conversazioni demenziali dei giovani coatti. Il linguaggio del web è certamente migliore di quello adottato nella casa del Grande Fratello o durante le trasmissioni di Maria De Filippi. Racconta cose vere, alcune utili altre meno. Più reali di una velina.

A cosa ci può servire allora Internet?
Che ci piaccia o no, con la Rete dobbiamo convivere. D’altronde la usiamo anche quando non ce ne rendiamo conto. Anche chi non usa il mouse è costretto a sapere cos’è il pin, altrimenti il bancomat non consegna le banconote. Non serve il computer per chattare, spedire un sms o scaricare la suoneria. Ogni operazione bancaria avviene via internet. Quando telefoniamo da casa, la voce viaggia su protocollo internet (Voip). Meglio usare la tecnologia che farsi usare, ma se non la conosciamo dobbiamo subirla. Perchè un esperto di internet si affida alla carta (in questo caso il libro) per divulgare la sua conoscenza (sul mondo di internet)? La contraddizione è solo apparente. Il libro da leggere è ancora di carta, e lo sarà fino a quando il mercato degli e-Book, cioè i libri digitali, e dei lettori (gli e-Reader) sarà maturo.
Cerco di spiegarmi meglio. Il passaggio dalla carta ai bit è ineluttabile, ma ci vorranno ancora molti anni. Saranno necessari e-Reader facilmente usabili, leggeri, portatili, godibili. Quelli attualmente in commercio sono costosi e poi l’inchiostro elettronico (e-Ink) è ancora in toni di grigio. Non c’è colore. Insomma, la lettura a schermo di grandi quantità di testo non è ancora agevole. Lo sarà presto. I libri scolastici, da studio, faranno da apripista. Cinquanta libri tutti in un solo e-Reader che pesa mezzo chilo, invece di zaini e cartelle stracarichi. Siamo ancora in una fase di transizione…e poi, vuoi mettere il piacere della carta, da sfogliare, annusare, stropicciare. Io, per esempio, come segnalibro uso ancora l’orecchietta. Mica noi cittadini digitali abbiamo l’anello al naso!

Pubblicato da Pino Bruno

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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