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State of Play, State of Press

 

 

“…perchè fa ridere? Perchè nessuno legge più i giornali? Per questo? E’ solo un articolo, è solo una tempesta di due giorni e poi ci si incarteranno le uova? Sai, malgrado i pettegolezzi e le illazioni, io credo che i lettori conoscano la differenza tra una notizia vera e una balla, e sono contenti che a qualcuno interessi portare alla luce i fatti e strappare la verità…”. Così il reporter Cal McCaffrey (Russell Crowe) spiega al parlamentare Stephen Collins (Ben Affleck) qual è (dovrebbe essere) il ruolo del giornalista. Il film State of Play, di Kevin Macdonald (2009), si presta a molti livelli di lettura. Non faccio il critico cinematografico e questa non è una recensione. Il film mi è piaciuto, anche se c’è qualche intoppo nella trama. Mi ha intrigato lo scenario. Il conflitto tra il vecchio cronista e la blogger che lavora al desk internet del suo stesso giornale. Le manovre sulla proprietà del quotidiano, con i nuovi padroni più interessati a non pestare i piedi ai potenti che alla qualità e alla libertà dell’informazione. E la direttrice che si adegua.

Intervistato da Piera Boccacciaro per Loudvision.it, il regista MacDonald dice di essersi ispirato all’aria che tira nel mondo dell’informazione statunitense. “…si direbbe che di qui a trent’anni sia davvero possibile che la gente non legga più i giornali, lì il canale principale dell’informazione è Internet“,  dice Kevin MacDonald. Che negli Usa la carta stampata stia vivendo un momento nero, è un fatto ormai scontato. Una recente indagine della Annenberg School for Communication (University of Southern California)ha rilevato che che il ventidue per cento degli utente internet ha cancellato l’abbonamento ai giornali di carta “perché si può trovare lo stesso prodotto online”.

Sfiduciato anche uno dei protagonisti di State of Play. Ben Affleck è sicuro che “i nostri figli leggeranno le notizie esclusivamente sui loro portatili. La carta stampata è una specie in via di estinzione. I giornali non esisteranno più“.

Ciò che sta accadendo negli States confermerebbe il pessimismo di Affleck. Nel primo trimestre di quest’anno, i magazine hanno perso il ventisei per cento della pubblicità, rispetto allo stesso periodo del 2008. Il colosso New York Times – che da gennaio a marzo ha registrato un calo del diciannove per cento dei profitti – sta tagliando molti inserti e presto potrebbe mollare anche la quota azionaria dei mitici Red Socks di baseball, uno dei suoi fiori all’occhiello.

Comprensibile, anche se non giustificabile, la diffidenza e l’ostilità del “vecchio” Russell Crowe nei confronti della giovane collega della redazione internet. Molti giornalisti della carta stampata ritengono infatti che l’informazione sul web, professionale e non, stia loro rubando il pane e il posto di lavoro. Gli editori, dal canto loro, sono ben contenti che la categoria sia sotto schiaffo. Ne hanno approfittato anche quelli italiani, che hanno imposto alla Federazione Nazionale della Stampa – dopo quattro anni di scioperi e trattative  – un umiliante contratto nazionale collettivo di lavoro. Ho sentito qualche sindacalista dire off record che l’alternativa poteva essere quella del Rocky Mountain News.

Quello di Russel Crowe/ Cal McCaffrey è dunque il canto del cigno del giornalista della carta stampata? Parlando con Diego Scerrati di Moviesushi.it, il regista Kevin MacDonald sostiene che “…forse in Europa non è ancora così diffuso, ma negli Stati Uniti il fenomeno dei blog è vastissimo. Credo che non sia la stessa cosa pensare al futuro del giornalismo e al futuro della carta stampata. A me interessa il giornalismo, il buon giornalismo. Non che quello dei blog non lo sia, però è sicuramente meno professionale. Bill Simmons su The Wire ha scritto che i prossimi dieci anni saranno l’epoca d’oro dei politici corrotti, perché non avranno più controlli, ed è questo quello che davvero mi preoccupa. Alla fine quello che leggi su ‘Yahoo News’ sono notizie prese dalla carta stampata, ma con il vantaggio che è informazione gratuita. E così vengono soffocati i giornali e anche gli inserzionisti scappano sul web. Il mio film si conclude mostrando i processi di stampa di un giornale e trovo sia una sequenza malinconica, di chiusura su un mondo e di apertura verso un altro“.

Sempre il regista, intervistato da Gabriele Niola di Wired.it: “Credo ci sia una precisa differenza tra futuro dei giornali e futuro del giornalismo: il giornalismo può andare su qualsiasi supporto mentre i quotidiani a me non interessano particolarmente”. Pensa che il passaggio dalla carta all’online sarà indolore? “No. Sebbene ci siano testate online splendide come l”Huffington Post, che fa vero giornalismo e non a caso ora vuole assumere cinquanta reporter investigativi, lo stesso credo che i prossimi dieci anni sarrano l’era dell’oro per i politici corrotti perchè potranno fare quello che vogliono dato che non ci saranno più giornalisti a svelarne i segreti”.

Comunque vada, finchè ci sono in giro tipi come Cal McCoffrey, c’è da sentirsi più tranquilli.

Pubblicato da Pino Bruno

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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