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Lo spionaggio USA non piace al Garante, ma in Italia?

Nella sua relazione annuale, il Garante della Privacy, Antonello Soro, oggi ha stigmatizzato “La sorveglianza generalizzata e indiscriminata dei cittadini, ragionevolmente anche europei, al di fuori di qualunque indizio di reato, attraverso i dati di traffico telefonico o di rete”. Lo scandalo del Datagate diventa così preoccupazione istituzionale. Solo negli Stati Uniti? Non è escluso che anche i servizi segreti italiani possano agire senza aver bisogno di particolari autorizzazioni giudiziarie. E’ quanto prevede il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 24 gennaio 2013 (Direttiva recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 marzo 2013. 

privacy

Andiamo per ordine. Oggi il Garante della Privacy ha detto che

sono “Sempre più pressanti le istanze delle autorità di polizia ad accedere ai dati raccolti per ben altre finalità. Le notizie provenienti dagli Stati Uniti accrescono i nostri timori. La sorveglianza generalizzata e indiscriminata dei cittadini, ragionevolmente anche europei, al di fuori di qualunque indizio di reato, attraverso i dati di traffico telefonico o di rete, è una cosa molto, molto grave. Ancorché legata all’obiettivo di contrasto al terrorismo”.

E ha aggiunto:

“Ma se è vero che il rapporto tra sicurezza e privacy rappresenta una cifra non eludibile della nostra modernità, la pretesa di proteggere la democrazia attraverso la compressione delle libertà dei cittadini rischia di mettere in discussione l’essenza stessa del bene che si vuole difendere. Conserviamo invece con ostinazione l’idea che il rispetto dei diritti fondamentali debba ancora essere una delle principali discriminanti tra i regimi democratici e quelli illiberali”.

Fin qui Antonello Soro. Colpisce la sua frase: “Sono sempre più pressanti le istanze delle autorità di polizia ad accedere ai dati raccolti per ben altre finalità”. Soprattutto, se la si mette in relazione con l’articolo 11 del Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 24 gennaio 2013:

                                                                       Art. 11

                                                                      Operatori privati

1. Gli operatori privati che forniscono reti pubbliche di comunicazione o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, quelli che gestiscono infrastrutture critiche di rilievo nazionale ed europeo, il cui funzionamento è condizionato all’operatività di sistemi informatici e telematici, ivi comprese quelle individuate ai sensi dell’art.  1, comma 1, lett.  d),  del decreto del Ministro dell’interno  9  gennaio  2008,  secondo  quanto previsto dalla normativa vigente, ovvero previa apposita convenzione:

a) comunicano al Nucleo per la sicurezza cibernetica, anche per il tramite dei soggetti istituzionalmente competenti a ricevere le relative comunicazioni ai sensi dell’art. 16-bis, comma 2, lett.  b), del decreto legislativo n. 259/2003,  ogni  significativa  violazione della sicurezza o dell’integrità  dei  propri  sistemi  informatici, utilizzando canali di trasmissione protetti;

b)  adottano le best practices e le misure finalizzate all’obiettivo della sicurezza cibernetica, definite ai sensi dell’art. 16-bis, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 259/2003, e dell’art. 5, comma 3, lett. d), del presente decreto;

c) forniscono informazioni agli organismi di informazione per la sicurezza e consentono ad essi l’accesso alle banche dati d’interesse ai fini della sicurezza cibernetica di rispettiva pertinenza, nei casi previsti dalla legge n. 124/2007;

d)   collaborano alla gestione delle crisi cibernetiche contribuendo al ripristino della funzionalità dei sistemi e delle reti da essi gestiti.

Il comma c) va letto con particolare attenzione, come suggerisce il magazine Zeus News: “…L’articolo 11 del decreto obbliga gli operatori di telecomunicazioni e gli Internet service provider (ma non solo: anche per esempio a chi gestisce gli aeroporti, le dighe, i servizi energetici, i trasporti) a garantire alle autorità l’accesso alle proprie banche dati per non meglio specificate ‘finalità di sicurezza’, senza che sia prevista una autorizzazione della magistratura o del Garante per la protezione dei dati personali”.

Sarebbe utile sapere cosa ne pensa il Garante della Privacy.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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