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Presunta pirateria e libertà in rete. C’è del buono in Danimarca

In Francia l’Hadopi è stata stoppata dalla corte costituzionale. In Italia l’emendamento D’Alia è stato cassato. Stavamo tirando un sospiro di sollievo quando è arrivata la doccia fredda del decreto sulle intercettazioni che, per quel che riguarda l’obbligo di rettifica, sembra equiparare i blogger ai direttori responsabili dei giornali. Riprendono così fiato gli integralisti. E se, a proposito della cosiddetta pirateria,  il modello fosse quello danese?

 A Copenhagen è in corso un dibattito molto acceso, che potrebbe sfociare nell’istituzione di un’Authority indipendente composta da esperti di internet. L’organismo avrebbe il compito di porre fine alle lunghe e frequenti dispute giudiziarie tra chi guadagna grazie al copyright e chi fa circolare contenuti multimediali con il peer-to-peer. In mezzo, tirati per la giacchetta, ci sono i provider, ai quali spesso si chiedono compiti da poliziotto. Anche loro avrebbero una rappresentanza nell’Authority.  Chissà, forse in Danimarca si arriverà alla quadratura del cerchio, e potrebbe essere – ce lo auguriamo – una best practice per tutti.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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