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Noi che usiamo la Lettera22

Ricevo e pubblico volentieri. “Sul sito di Lettera22 campeggia una frase, un motto, un memento. E’ quella di Albert Londres: “L’unica linea che un giornalista è tenuto a seguire è quella ferroviaria”. E’ per seguire la linea ferroviaria, dunque, che Lettera22 era il 3 ottobre in piazza del Popolo a Roma, alla manifestazione in difesa della libertà di stampa.

Adesione piena e convinta alla manifestazione, seppure con i distinguo che molti freelance italiani hanno e hanno avuto, rispetto alla strategia seguita dalla categoria dei giornalisti negli ultimi vent’anni. Una strategia che spesso è stata semplice e miope: chi è dentro le redazioni è tutelato, chi è fuori, si difenda da solo. Ma il tempo delle recriminazioni è passato, perché nel frattempo il giornalismo italiano è stato travolto da ben altre crisi. Vogliamo parlare di crisi morale? Di “linee ferroviarie” da cui si deraglia? Di sottomissione a molti poteri? Di un attacco generale contro la cultura ed il sapere che va anche al di là dei mezzi di informazione? La si chiami come la si vuole: la crisi morale, la messa in discussione della libertà di stampa, il riecheggiare di parole d’ordine vecchie e di vecchi squadrismi ha fatto sì che molti di noi, che in piazza non ci andavano da parecchio tempo, decidessero che stavolta non si potevano più fare distinguo. E che sotto la bandiera della difesa dell’articolo 21 della Costituzione della Repubblica italiana ci dovessimo essere anche noi. Noi di Lettera22, associazione indipendente di giornalisti, nata oltre quindici anni fa.

Nel frattempo però, lo scorso anno, nel panorama giornalistico italiano si è affacciata un’altra associazione, che ha deciso di chiamarsi Lettera22. Si occupa di questioni sindacali, dice, ma il rischio di equivoci, di sovrapposizioni anche involontarie è talmente evidente e oggettivo che se n’è avuta la riprova proprio a margine della manifestazione del 3 ottobre. Noi di Lettera22, quella nata un bel po’ di anni prima, eravamo in piazza, convinti e contenti della riuscita della manifestazione. Quelli di lettera22.info, invece, non erano in piazza, e lo hanno anche spiegato ad agenzie e tg. Con la conseguente e inevitabile confusione ingenerata dalla presenza di un’associazione che vanta oltre quindici anni di vita, e di un’altra nata appena un anno e mezzo fa, che hanno avuto posizioni non solo diverse, ma addirittura contrapposte. 

Non ci addentriamo sul cui prodest, sulla decisione di scegliere il mito della Lettera22. Noi lo abbiamo fatto perché quella era la macchina da scrivere usata dagli inviati sul campo, costruita dall’azienda di uno degli uomini più visionari e incompresi dell’impresa italiana, Adriano Olivetti. Di mito, attorno alla lettera22 olivettiana ce n’è ovviamente un altro, ed è quello di Indro Montanelli, un giornalista conservatore, di centro-destra, licenziato quando era direttore de Il Giornale dalla proprietà del quotidiano che è la stessa di oggi, uscito dal suo giornale sbattendo la porta anche contro il suo editore. E negli ultimissimi anni della sua vita direttore di un altro giornale, La Voce (non a caso, diranno gli storici del giornalismo di primo Novecento), a cui noi di Lettera22 partecipammo sin dai primi numeri, scrivendo per la pagina esteri. 

Se ricordiamo il nostro cursus honorum, è solo per rassicurare i nostri lettori. In molti ci hanno scritto sconcertati, confusi, pensando che non avessimo aderito alla manifestazione del 3 ottobre. C’eravamo, eccome. Non abbiamo nessuna intenzione di deragliare dalla “linea ferroviaria”. Non lo abbiamo mai fatto in oltre quindici anni di vita lavorativa anche difficile, ma alla fine premiante. Non abbiamo ceduto alle sirene né del potere né dei soldi, abbiamo continuato a fare gli artigiani della notizia. E questo continueremo a fare. Siamo sì, in questo, conservatori: ci piace non solo la vecchia Lettera22, ma anche la Settimana Enigmistica.

Diffidiamo dalle imitazioni“.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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