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Stieg Larsson e la mercificazione di Millennium

Manca l’aspetto di denuncia, che era essenziale per Stieg Larsson, magnifico giornalista politico scomparso a cinquant’anni, un anno prima di diventare una celebrità letteraria mondiale, ma già noto e amato in Svezia per le sue inchieste sul potere economico e sui gruppi neo nazisti…”. Così scrive Curzio Maltese sulla Repubblica a proposito della trasposizione hollywoodiana di Uomini che odiano le donne, il primo dei tre romanzi dello scrittore svedese che compongono la trilogia Millennium. Andrò a vedere il film di David Fincher con un pizzico di prevenzione, mentre ho apprezzato quello di Niels Arden Oplev, in cui la valenza politica del racconto di Larsson era ben manifesta. E, comunque, ha ragione la compagna del giornalista-scrittore scomparso, Eva Gabrielsson: “Stieg non avrebbe concesso la mercificazione di Millennium”.

 

Stieg Larsson

 

In una lunga intervista concessa a Marilia Piccone, Eva Gabrielsson dice di essere contraria all’industria di Millennium,  “perché non rispetta i valori contenuti nei libri e le intenzioni con cui sono stati scritti. Se Stieg fosse stato vivo, si sarebbe accertato lui stesso che non ci fossero distorsioni nelle traduzioni, non avrebbe concesso la mercificazione di Millennium. Degli esempi di questa mercificazione? La catena di negozi H&M ha un’intera collezione ‘Lisbeth Salander’, è probabile che anche Hollywood abbia acquistato i diritti per sfruttare i personaggi di Millennium: l’industria Millennium usa i personaggi e dimentica del tutto il significato dei libri”.

Insomma, Millennium è un guscio vuoto, senza il suo contenuto di denuncia sociale e politica. Né si può leggere la trilogia trascurando il background  di Larsson. Eva Gabrielsson lo ricostruisce nel suo libro-intervista Io e Stieg, “dal primo incontro nel 1972 (Stieg aveva solo diciotto anni) e la condivisione delle idee politiche (erano gli anni della guerra in Vietnam) alla partenza di Stieg per l’Africa (in missione per la Quarta internazionale). E poi l’università, gli amici, il lavoro di Stieg per un’agenzia di stampa, nel 1979, da cui si farà licenziare dopo vent’anni perché non aveva ancora ottenuto un posto fisso. Dopo di questo, il volo: la rivista Expo e la trilogia di Millennium”.

D’altronde che ci sia anche un’altra Svezia, diversa da quella degli stereotipi, lo ha dimostrato la recente vicenda di Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, e Stieg Larsson – morto prima di conoscere Wikileaks e Julian Assange –  aveva già raccontato tutto nella sua trilogia Millennium.

Nella Regina dei castelli di carta, i servizi segreti deviati svedesi costruiscono prove false per incastrare la protagonista Lisbeth Salander, con l’imbelle complicità di un pubblico ministero. Un copione che sembra scritto su misura per lo scandalo sessuale imbastito a carico di Assange, minuziosamente ricostruito da Richard Pendlebury,  cronista investigativo del Daily Mail, che così conclude la sua inchiesta: “…più si impara a conoscere il caso, più ci si rende conto che le accuse semplicemente non suonano vere”.

 

 

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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