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DNSChanger enfasi e comunicazione di crisi

Ho letto e leggo articoli e commenti sarcastici sugli effetti della campagna di informazione per prevenire gli effetti nefasti del DNSChanger. Adesso che i server alternativi dell’FBI sono stati spenti è possibile fare il bilancio dell’operazione. Fino all’8 luglio – l’altro ieri – In Italia c’erano ancora 17074 computer infetti. Qualche giorno prima erano 26500. Una semplice sottrazione: 9426 utenti, raggiunti dalla campagna d’informazione, hanno fatto il test all’ultima ora e hanno iniettato l’antidoto, uno dei tanti consigliati dall’associazione no profit DnsChanger Working Group. Pochi? Quisquilie? Fate voi. Certo, molti giornali l’hanno fatta fuori dal secchio, con titoloni eccessivi, paventando chissà quale apocalisse. E’ l’inguaribile malattia infantile del giornalismo: spararla più grossa degli altri per catturare consensi. La maggioranza dei lettori – per fortuna – è spesso più scafata di quanto pensino i giornalisti. Ci sono giornali e blog che hanno premuto sull’enfasi e sull’allarmismo e c’è chi ha fatto Comunicazione di crisi.  

Ultima rilevazione del DnsChanger Working Group riguardante l’Italia

 

Orbene, la Comunicazione di crisi è scienza della comunicazione, come insegna l’esperta Anna Maria Carbone. In Italia è una chimera, ma oltre confine è prassi consolidata. Lo spegnimento dei server alternativi dell’FBI – che riguardava 300mila utenti in tutto il mondo – giustificava la comunicazione di crisi:

“Una crisi – dice Anna Maria Carbone – è un evento improvviso, che produce un cambiamento, che ha un impatto emotivo forte, che crea instabilità sconvolgendo equilibri preesistenti, che può produrre diversi tipi di effetti a seconda di come viene gestito”.

E aggiunge: “A ben guardare molte delle crisi che coinvolgono industrie e imprese sono tutt’altro che imprevedibili. Anzi, spesso sono direttamente connesse con le attività che svolgono e consistono in difetti di processo o di prodotto, in guasti o inefficienze che non si producono in una notte.

Il che significa che qualsiasi attività porta con sé una certa percentuale di rischio. Analizzare quali e quanti rischi si corrono ogni giorno, valutarne il grado di probabilità e le possibili conseguenze permette di predisporre le contromisure necessarie prima che l’evento improvviso accada o meglio ancora per evitare che accada”.

Che si tratti di 300mila o mille cambia poco. Se c’è una crisi, l’informazione e la comunicazione devono essere adeguate. Ecco perché era giusto avvertire gli utenti: fate un clic per verificare se il vostro computer è infetto. Era sbagliato parlare di apocalisse, ma – si sa – la mamma dei giornalisti superficiali è sempre incinta.

E’ il 1896, sullo schermo appare un treno in arrivo nella stazione di La Ciotat. Gli spettatori fuggono. I fratelli Lumière non hanno fatto comunicazione di crisi?

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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