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Libia: l’Egitto ha fatto scuola di blackout della rete

L’Egitto ha fatto scuola, con le sue prove generali per spegnere internet. Il regime di Gheddafi lo ha imitato. Dall’una e quindici della scorsa notte – ora italiana – la Libia ha oscurato la rete, dopo aver tentato invano di neutralizzare soltanto i social network che facevano rimbalzare in tutto il mondo l’orrore della repressione. Spente le telecamere, azzerata la rete, il bagno di sangue può proseguire quasi indisturbato.

Così com’era successo in Egitto, il governo di Tripoli ha chiuso d’imperio i rubinetti di ingresso alla rete. Il blackout è evidente nel grafico pubblicato da Mashable

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Di colpo, dunque, i siti con dominio nazionale .ly sono diventati inaccessibili. Ovviamente, così il regime ha paralizzato anche l’economia del paese, le banche, le aziende, la pubblica amministrazione.

Qualche giorno fa Il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, aveva detto che la rete “e’ diventata la piazza del mondo” e messo in guardia i governi repressivi a non limitare la libertà di Internet.

Di chi è amico questo dittatore?

“Stiamo cercando di trovare il modo per consentire alla gente di far uscire le immagini – ha detto poco fa  dall’esilio in Svizzera il libico Hassan Al Jahmi, autore di un ”appello alla Giornata della collera” su
Facebook – perché se il regime riesce a bloccare le immagini, ci sarà un grande massacro, con molti morti, senza testimoni. Il mondo deve reagire. Sono scioccato, troppi Paesi hanno interesse che Gheddafi resti al potere. Temo che senza Internet, senza immagini ci sarà un massacro”.

La “piazza” libica non c’è più, ma – così com’è successo in Egitto – il blackout non potrà durare a lungo e gli attivisti digitali riusciranno anche in questo caso a dare una mano a chi si oppone al regime del colonnello Gheddafi.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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