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Fesso chi legge: chi compra libri paga più tasse

Ricordate l’appello del Gotha della cultura italiana al presidente della Repubblica, al capo del Governo e ai ministri per i beni culturali e dell’istruzione per dedurre dalle tasse una parte di quanto è stato speso nell’anno per comprare libri? È rimasto lettera morta. Anzi, il governo ha aumentato i tributi sui libri, con l’aumento dell’Iva dal 4 al 21 per cento sugli allegati alle opere editoriali. Il che, ha scritto al premier Enrico Letta il presidente dell’Associazione Italiana Editori, Marco Polillo, “significa colpire soprattutto i contenuti digitali innovativi allegati ai libri”. Insomma, altro che difendere cultura, libri e librerie.

libri al rogo

Aggiunge Polillo che “i prodotti più colpiti sono i libri educativi (libri scolastici, universitari, sussidi come dizionari o enciclopedie) che spesso hanno un’estensione digitale: eserciziari, approfondimenti, simulazioni di laboratorio virtuale; i libri per bambini – spesso accompagnati da audio-letture –; quelli professionali o preziose operazioni culturali basate sul multimediale (si pensi ai testi teatrali accompagnati dal video di una rappresentazione)”.

Eppure, ricorda al premier il presidente degli editori di libri, la misura è “contraria a una serie di obiettivi politici che il Governo da lei guidato ha assunto. In primis, contraddice il suo personale impegno: ‘mai più tagli alla cultura‘, così come ‘contraddice l’impegno a favore del digitale nella scuola e nell’università'”.

L’obiettivo in realtà, ricorda oggi Gian Antonio Stella in prima pagina sul Corriere della Sera, “era quello di colpire l’andazzo di allegare a questa o quella rivista, questo o quel libro, i gadget più strampalati. Dal berrettino al burrocacao, dalla crema antirughe alla borsa da spiaggia, dagli occhiali da sole al materassino. Ma si tratta, secondo Polillo, di ‘un equivoco: colpire i gadget può essere misura condivisibile in un momento in cui ciascuno è chiamato a rinunciare a privilegi e benefici ingiustificati. Tagliare la cultura no’. La norma invece fa di ogni erba un fascio”.

E pensare che molti avevano sperato nell’accoglimento della proposta fatta a giugno da presidenti e rappresentanti di una quarantina di istituzioni culturali e scientifiche italiane, dall’Accademia della Crusca a quella dei Lincei, a Casa Boccaccio, Casa di Dante, Casa Manzoni, Accademia delle Scienze, Fondazione Gramsci, Società Dante Alighieri e tante altre.

Scrivevano gli accademici: “Il libro… è l’alimento della mente, lo strumento primario per la trasmissione della conoscenza e dei dati della nostra identità culturale, uno stimolo essenziale alla riflessione; in quanto tale, è il fondamento di una democrazia consapevole. La situazione del libro, e con essa della ‘salute mentale’ dei cittadini, non può lasciare indifferente lo Stato, come non lo ha lasciato indifferente il problema della salute fisica dei cittadini medesimi, con le iniziative che negli anni si sono venute stratificando per favorirne la tutela”.

La risposta c’è stata: l’aumento dell’Iva dal 4 al 21 per cento sugli allegati alle opere editoriali.

Altro che “chi compra libri paga meno tasse“. Piuttosto: “fesso chi legge“.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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