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Fenomenologia del troll

I troll hanno sfiancato Popular Science, una delle più “antiche” e importanti riviste di divulgazione scientifica del mondo: su carta dal 1872 e online dal 1999. Il magazine ha chiuso con i commenti, scrive la direttrice Suzanne LaBarre (qui la traduzione a cura del Post). Il motivo? “Una minoranza litigiosa ha il potere di influenzare la percezione di un intero articolo”. Decisione difficile e sofferta. “Ci sentiamo impegnati tanto a creare un dibattito intellettuale quanto a fare arrivare il verbo della scienza il più lontano possibile. Il problema arriva quando troll e spambot hanno il sopravvento sulla prima di queste due cose, limitando la nostra capacità di fare la seconda”, sottolinea Suzanne LaBarre.

troll

Già, i troll. Qualche tempo fa ho raccontato chi sono, come agiscono, perché agiscono. I troll sono quelli che intervengono a gamba tesa nelle discussioni, quasi sempre a sproposito. Vivono per accendere fuochi e alimentarli con la benzina. Sono provocatori nati, portabandiera della flame war, la guerra di parole che spesso trascende in parolacce.

Il troll è sempre in agguato. Appena individua un dibattito, un forum, un articolo, un tweet, vi si butta a capofitto. Offende, diffama, celandosi spesso dietro un nickname che – ritiene – può assicurargli l’impunità.

Il troll non argomenta. A lui di ciò che c’è scritto nell’articolo non frega nulla. Spesso non lo legge neanche. Gli interessa la rissa per la rissa, come quegli attaccabrighe che si incontrano nella vita reale: lo fanno apposta a tagliarti la strada per poter poi litigare.

I troll esistevano dunque anche prima della rete. Internet li ha sdoganati e offerto loro un palcoscenico più ampio.

Qual è l’atteggiamento giusto da adottare nei confronti dei troll? Ignorarli, certo. Ma se ti inondano la bacheca, ritwittano compulsivamente, riempiono la pagina dei commenti? Qualcuno non ce la fa più e abbandona.

Come ha fatto a maggio Enrico Mentana, che ha mollato Twitter salvo poi ripensarci (forse) qualche mese dopo.

Come ha deciso di fare Popular Science: “Ci saranno molti altri modi per comunicare con noi, e tra di voi: attraverso Twitter, Facebook, Google+, Pinterest, livechat, e-mail e altro ancora. E pensiamo di aprire la sezione dei commenti per alcuni articoli che si prestano a una discussione sensata e intelligente. Speriamo che partecipiate con i vostri pensieri più brillanti. Non fatelo per noi. Fatelo per la scienza”.

Quanto al sottoscritto, ritengo che non si debba soccombere: non si può darla vinta a troll, coatti, taliban e tromboni. Noi utenti “normali” della rete siamo più numerosi. Isoliamoli e combattiamoli. 

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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