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Banda larga. Che significa ritocco del canone?

Travolto dalle critiche degli imprenditori e delle associazioni di utenti e consumatori dopo lo stop agli 800 milioni da investire per la larga banda (meglio definirla banda almeno decente), il governo tenta di correre ai ripari. Come? Oggi Federico De Rosa, sul Corriere della Sera on line, adombra “…i tecnici del ministero avrebbero trovato il modo: le risorse mancanti potrebbero arrivare dalla Cassa Depositi e Prestiti o da altri soggetti, sotto forma di anticipo in vista dello sblocco dei fondi, e l’investimento verrebbe remunerato attraverso un ritocco del canone che sarà deciso dall’Authority”.

Ritocco del canone? Quale canone? Quello wholesale (pagato dai concorrenti di Telecom Italia) – come rileva Maddalena Camera sul Giornale – è stato già “deciso dall’Authority che, grazie anche all’incremento di traffico degli operatori alternativi, ha fatto lievitare questa voce di 224 milioni”. Un ulteriore ritocco? Oppure un aumento da far pagare ai cittadini? Ipotesi inquietante. Corriere della Sera a parte, altrove non vi è alcun cenno a ritocchi in itinere.

La decisione del governo resta sconcertante. Qui non si parla di investimenti a perdere. “Sappiamo – dice Confindustria  – che ogni euro investito nella banda larga ne produce almeno due di aumento di attività economica e di Pil. Il Paese non può rimandare questi interventi”.

800 milioni alla banda larga no e soldi altrove si? Mi ha colpito l’osservazione di un lettore della rubrica Italians di Beppe Severgnini, Damiano Scalera: “…lo stesso governo che solo qualche settimana fa aveva deciso in un batter d’occhio di «rimborsare» con 5 miliardi di dollari quel buontempone di Gheddafi. E’ lo stesso governo che con un provvedimento straordinario ha deciso di ripianare 140 milioni di debiti del Comune di Catania (i leghisti bacchettoni dov’erano?), amministrato dal lungimirante Scapagnini, il quale, oltre che a studiare gli elisir di lunga vita per il premier, evidentemente si dilettava anche, di quando in quando, a investire nella finanza derivata. E’ lo stesso governo che era pronto a gettare al vento quasi 200 milioni pur di evitare che con l’election day si raggiungesse il quorum dell’ultimo referendum. Che dire, le casse dello Stato sono vuote, ma avremo davvero raschiato il fondo del barile oppure c’è ancora da scavare”?

Noi speriamo che si scavi.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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