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Copyright censura e Corte di Giustizia Europea

Il barometro della rete segnala tempesta imminente. Con il pretesto della difesa del copyright (sacrosanto, peraltro, ma non è questo il modo di tutelare gli autori), l’Agcom vuole trasformarsi in sceriffo e imporre norme che non stanno né in cielo, né su questa terra (regimi autoritari a parte). Da tempo Luca Nicotra, segretario di Agorà Digitale, suona il tam tam per avvertirci tutti: “saremo l’esperimento più avanzato di censura del nuovo millennio”. Esagerati? Massimalisti? Amici dei pirati?

 

Sentite qui: [dalla sintesi di www.valigiablu.it]Secondo la delibera AGCOM, se il titolare dei diritti di un contenuto audiovisivo dovesse riscontrare una violazione di copyright su un qualunque sito (senza distinzione tra portali, banche dati, siti privati, blog, a scopo di lucro o meno) può chiederne la rimozione al gestore. Che, «se la richiesta apparisse fondata», avrebbe 48 ore di tempo dalla ricezione per adempiere.

CINQUE GIORNI PER IL CONTRADDITTORIO. Se ciò non dovesse avvenire, il richiedente potrebbe, secondo la delibera ancora in bozza, rivolgersi all’Authority che «effettuerebbe una breve verifica in contraddittorio con le parti da concludere entro cinque giorni», comunicandone l’avvio al gestore del sito o del servizio di hosting. E in caso di esito negativo, l’Agcom potrebbe disporre la rimozione dei contenuti.

Per i siti esteri, «in casi estremi e previo contraddittorio», è prevista «l’inibizione del nome del sito web», prosegue l’allegato B della delibera, «ovvero dell’indirizzo Ip, analogamente a quanto già avviene per i casi di offerta, attraverso la rete telematica, di giochi, lotterie, scommesse o concorsi in assenza di autorizzazione, o ancora per i casi di pedopornografia“.

In realtà Agcom rischia di essere uno sceriffo con la cartucciera vuota e affiderà ad altri il compito di sparare nel mucchio. Dice Luca Nicotra ad Alessandro Longo: “La questione alla base è che il diritto d’autore sul web ha tantissimi ambiti ed è possibile che l’industria del copyright metta in piedi interi uffici dedicati a segnalare presunte violazioni all’Autorità, come avvenuto in altri Paesi. L’Autorità non avrà i mezzi per gestire le decine di migliaia di segnalazioni che arriveranno. Sarà il Far west, ci saranno decisioni sommarie, ai danni di siti anche innocenti. Siamo il primo Paese al mondo a dare ad Agcom questo potere. Calabrò stesso ci ha detto che sa di muoversi in un territorio di frontiera...”.

Non tutto è perduto. Dovesse andare male in Italia, c’è la Corte di Giustizia Europea, il cui Avvocato Generale, Pedro Cruz Villalón, si è già espresso in un caso analogo che riguarda il Belgio. Ha scritto Villalón lo scorso aprile che “un provvedimento che ordina ad un  fornitore di accesso a Internet di predisporre un sistema di filtraggio e di blocco  delle comunicazioni elettroniche per tutelare i diritti di proprietà intellettuale lede, in linea di principio, i diritti fondamentali. Per essere ammissibile, un provvedimento di questo tipo dovrebbe rispettare le condizioni per la limitazione all’esercizio dei diritti previste dalla Carta dei diritti fondamentali”.

L’Avvocato Generale della Corte di Giustizia Europea sostiene che un giudice nazionale non può costringere gli ISP a filtrare tutte le comunicazioni Internet e bloccare gli abbonati che violano i diritti d’autore. Tale provvedimento di blocco è ammissibile solo se si fonda su una “base giuridica nazionale accessibile, trasparente e prevedibile”.

Non mi risulta che l’Italia abbia, in materia, una “base giuridica nazionale accessibile, trasparente e prevedibile”, ma su questo è giusto che si esprimano i giuristi.

Il parere dell’Avvocato Generale Pedro Cruz Villalon non è vincolante, ma otto giudici su dieci della Corte di Giustizia Europea sono d’accordo con lui quando decidono.

 

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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