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Non possiamo votare perché studiamo all’estero

Almeno venticinquemila ragazzi italiani non potranno votare a febbraio perché studiano all’estero nell’ambito del programma europeo Erasmus. Tutti si indignano, a cominciare dal ministro dell’Istruzione Profumo, ma nessuno fa nulla di concreto. E che cavolo, non potevano pensarci prima e adeguare norme e regolamenti? Gli studenti comunque non demordono. Si fanno ascoltare da giornali e radio. Hanno attivato una pagina Facebook e chiedono anche il nostro aiuto, per denunciare e sollecitare una soluzione. Ecco il loro ultimo appello:

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“Con il D.L. n^223 del 18/12/2012 subito convertito in legge dal Parlamento Italiano, si regolano le modalità di voto degli Italiani all’estero.

Il documento non esclude esplicitamente alcuni italiani dal voto, cosa che sarebbe palesemente anticostituzionale, ma si occupa solo di alcune particolari categorie lasciando fuori tutti coloro che sono studenti, lavoratori, stagisti, ricercatori che non siano iscritti all’AIRE o che non rispondano agli stringenti requisiti richiesti dal DL.

Noi quindi non siamo ufficialmente ‘esclusi’, ma ignorati.

La colpa di questa mancanza non è del Presidente della Repubblica, né tanto meno solo e soltanto del Capo del Governo Monti, ma è imputabile a TUTTI i governi che si sono succeduti e a TUTTI i parlamentari che avrebbero dovuto rappresentarci nel corso degli anni e che non si sono adoperati per risolvere questa questione, sebbene il programma Erasmus compia quest’anno 25 anni, e non si può di certo dire che sia un’inaspettata novità, esattamente come tutti gli altri programmi di scambio internazionali e il fenomeno dei lavoratori all’estero.

sudenti-erasmus-voto-

Per permetterci di votare sarebbe necessario un ulteriore DL, che però deve rispondere ai requisiti di urgenza e necessità. (Onestamente la questione lascia spazio alla discrezionalità, basti pensare al DL fatto appositamente per i festeggiamenti dell’Unità d’Italia: è un po’ un ossimoro definire URGENTE un provvedimento per la celebrazione di un 150enario!)

Insomma VOLENDO il modo per farci votare a febbraio si potrebbe trovare.

Comprendiamo dall’altro lato che le categorie incluse nel DL 223 sono categorie molto particolari (i militari in missione non possono effettivamente tornare in Italia), ma anche noi in quanto Erasmus siamo soggetti ad un regolamento e non possiamo esser via dalla città di destinazione per più di 14 giorni (cumulati) eccetto le ‘feste comandate’, e d’altronde siamo tenuti a rispettare le regole delle Università ospitanti, nella maggior parte delle quali la frequenza è obbligatoria.

Parliamo di Erasmus per il semplice fatto che è la realtà a noi più vicina e che di conseguenza conosciamo meglio, ma la nostra iniziativa include tutti gli studenti, stagisti, tirocinanti, lavoratori che si trovano all’estero e che sono sicuramente sottoposti ad obblighi contrattuali.

Infine i nostri genitori pagano le tasse affinché lo Stato ci assista nell’adempimento nei nostri diritti, quindi per via trasversale il viaggio di ritorno lo abbiamo già pagato, perché pagare due volte?

Probabilmente noi non riusciremo a votare ma almeno, per come la vediamo noi, è fondamentale portare questa iniziativa ben oltre le elezioni di febbraio.

Se i nostri politici non riescono ad avere una visione di lungo periodo è bene che iniziamo ad averla noi, rivendicando i Diritti protetti dalla Costituzione non solo per noi ma per tutti quelli che si troveranno nella nostra stessa situazione in futuro e richiedendo uno snellimento delle procedure di voto per far sì che siano le più INCLUSIVE possibili e per adeguarci agli standard dell’Europa Civile.

Questa iniziativa è assolutamente APARTITICA e APOLITICA, la rivendicazione di un diritto negato non deve avere e non ha colori, accenti o fedi politiche, di conseguenza vorremmo che questa proposta non venisse strumentalizzata nelle campagne elettorali, ma considerata seriamente nelle sedi adeguate.

La mobilità giovanile, e non solo studentesca, è ormai una realtà innegabile ed in continua crescita: lo Stato dovrebbe promuovere l’intraprendenza e l’iniziativa e non scoraggiarla negandole i suoi diritti fondamentali.

Tuttavia nonostante la rabbia ed il disappunto, confidiamo ancora in una ventata di buon senso che porti i nostri politici a considerare seriamente la voce di migliaia di giovani che hanno ancora la voglia e la speranza di combattere assieme per vedere il propri diritti rispettati”.

Cliccare qui su Facebook, far girare questo appello, rompere le scatole a partiti e candidati.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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